Un’equipe ha eseguito dei test su mini-cervelli umani coltivati in provetta dimostrerebbero i benefici di alcune droghe famose negli anni 60 e 70
“Aprire le porte della percezione…alla scienza.” Il viaggio è appena cominciato ma sembrerebbe proprio che le sostanze psichedeliche, protagoniste degli anni 60 e 70, siano tornate in voga, soprattutto tra gli scienziati.
Un’equipe di ricercatori guidati da Stevens Rehen, docente all’Università Federale di Rio De Janeiro e responsabile della ricerca presso il D’Or Institute for Research and Education, sta facendo una ricerca che dimostrerebbe le potenzialità farmacologiche di queste droghe.
Testando le sostanze su mini-cervelli umani coltivati in provetta si è scoperto che oltre ad aumentare la plasticità dei circuiti nervosi associati alla memoria e all’apprendimento, alcune di queste droghe potrebbero proteggere da infiammazioni e neurodegenerazione i nostri neuroni.
“Il nostro studio – afferma Rehen – evidenzia ancora una volta il potenziale clinico nascosto di queste sostanze che sono sottoposte a restrizioni legali, ma che meriterebbero maggiore attenzione da parte della comunità medica e scientifica”.
Oggi grazie alla ricerca il team brasiliano, che ha condotto i test con la 5-MeO-DMT, presente in diverse piante e nel veleno di un rospo che vive nel deserto di Sonora, ha dimostrato che la sostanza altera la produzione di quasi mille proteine nel cervello, quelle coinvolte nella formazione e nelle sinapsi fondamentali per apprendimento e memoria, e diminuisce alcune proteine responsabili di infiammazione e neuodegenerazione.